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Per Aspera Ad Veritatem n.21
Corte Distrettuale degli Stati Uniti d'America - Distretto Meridionale di New York

Processo relativo agli attentati alle Ambasciate americane in Kenya e Tanzania del 1998 - Udienza del 18 ottobre 2001





Pubblichiamo qui di seguito lo stralcio dell'udienza tenutasi il 18 ottobre 2001 avanti il Tribunale Distrettuale di New York nell'ambito del processo relativo agli attentati contro le Ambasciate americane, avvenuti in Kenya e Tanzania il 7 agosto 1998, che causarono la morte di 224 persone.
Il processo, iniziato lo scorso gennaio, è durato cinque mesi e si è concluso con la condanna all'ergastolo dei quattro imputati, membri di Al Qaeda: Wadih El Hage, Mohamed Sadeek Odeh, Mohamed Rashed Daoud Al-'Owhali e Khalfan Khamis Mohamed.
Abbiamo ritenuto opportuno pubblicare, in lingua italiana, le testimonianze di cinque persone, parti offese degli attentati, per sottolineare, come non sempre accade, il dolore e il dramma delle singole persone coinvolte, espresse in questo caso con parole significative e toccanti. Inoltre, abbiamo anche dato spazio a due degli imputati che hanno ritenuto di rendere una dichiarazione, seguita dalle conclusioni del rappresentante pubblico.

Il presente documento tratto in data 15 marzo 2002 dal sito www.findlaw.com nella sua versione in lingua inglese, è consultabile in forma integrale nella corrispondente sezione inglese di questo sito.


(...)

Signorina Hirsch: primo testimone. Parte offesa.
Grazie Giudice Sand per l'opportunità di comparire di fronte a lei per parlare dell'impatto che questi terribili reati hanno avuto su di me e sui miei cari. Fino ad ora, poiché si tratta di un caso di grandissima importanza, la mia etica personale mi ha impedito di raccontare questa storia alla Corte. Quindi, adesso apprezzo l'opportunità di metterla a parte della mia perdita, del mio dolore, nonché delle conseguenze devastanti determinate nella mia vita dalle azioni degli imputati e di coloro che oggi non sono qui presenti.
Era una bella giornata di sole, mancavano dieci giorni alla partenza mia e di mio marito per gli Stati Uniti, dove avremmo iniziato una nuova vita insieme. Mi trovavo nell'Ambasciata di Dar es Salaam, quando la bomba è esplosa. Ero nei pressi di una delle uscite sul retro. Sono scesa e sono corsa fuori dall'edificio. Non ero ferita. Non appena mi sono resa conto di dove era esplosa la bomba, è iniziato il mio incubo. Mio marito, Abdulrahman Abdulla, cittadino keniota, si trovava nei pressi del luogo dell'esplosione. Dopo frenetiche ricerche in tutti gli ospedali, ho appreso della sua morte.
Vorrei dirle solo poche cose su mio marito, in modo che possa comprendere le conseguenze causate dalla sua perdita sulla mia vita, su coloro che lo amavano e dipendevano da lui. Era molto conosciuto a Mombasa e a Malindi (Kenya), dove viveva. Lo chiamavano Jamal, che significa bello. Jamal era dotato di uno spirito e di un'energia stupefacenti. Era famoso per il suo humor, la sua umiltà e la sua pazienza. Jaml era un musulmano devoto, nel senso più ammirevole del termine. La sua vita si svolgeva secondo gli ideali della bontà, della carità, della fede, della pietà e del rispetto della vita. La morte di Jamal ha rappresentato una tragedia per la sua famiglia e la sua comunità. Consentitemi di parlare brevemente anche a loro nome, poiché si trovano in Kenya e non possono essere presenti qui. Il minore di nove fratelli, Jamal, all'età di 38 anni, era il leader della famiglia. La sua morte ha procurato alla famiglia gravi difficoltà, essendo egli l'unico sostegno dal punto di vista economico. Jamal era il padre affettuoso di tre figli, Ali, Mohamed e Ichbal. La perdita della sua guida è molto difficile per loro. Nell'ambito della sua comunità, Jamal era colui che risolveva i problemi e sanava le controversie. Avendo perso un consigliere fidato, la comunità si sente fortemente colpita da questi reati. Anche la mia famiglia americana, che amava moltissimo Jamal, è distrutta dal dolore per la sua morte. Il nostro rapporto attraversa i continenti, le culture, le religioni e le lingue. Ci univa un profondo impegno nel condividere le differenze e instaurare legami proficui tra le nostre famiglie e le nostre comunità. Abbiamo avviato progetti di beneficienza grazie alla generosità americana, che offriva speranze ai kenioti. Questi atti di violenza hanno messo in luce una visione pericolosa e distorta dell'Islam, gettando un'ombra sui nostri sforzi e su quelli di altri come noi che cercano di favorire la comprensione.
Il dolore e il vuoto che provo sono profondamente privati e indescrivibili. Non ho bisogno di raccontarli, perché oggi ritengo che non vi sia nulla che lei, in qualità di giudice, o lo Stato possiate fare a questi individui per alleviare il mio dolore per la perdita di Jamal. Come vedova triste, cerco altrove la mia consolazione, ma come cittadina, voglio giustizia da lei e dallo Stato. L'impatto che questo terribile evento ha avuto su di me sarà senz'altro attenuato se saprò che questi individui non potranno più fare del male ad altri e saranno privati della libertà, una giusta pena per un crimine orribile e devastante.

Signor Kavaler: secondo testimone. Parte offesa.
Signor Giudice, tre anni, due mesi e undici giorni fa, nello spregevole attacco contro la nostra Ambasciata a Nairobi, ho perso mia moglie Prabhi, il bene della mia vita e la madre delle mie due figlie. Da quel giorno, ho vissuto con i flashback ricorrenti dell'esplosione e dei miei vani tentativi di recuperare quello che restava di mia moglie. Le nubi di polvere, i cavi appesi, le richieste di aiuto invisibili, soffocate da montagne di acciaio contorto, sono ancora al centro dei miei pensieri e con una nitidezza i cui contorni non sono stati attenuati dal passare del tempo. Non c'era nessuno ad aiutarmi quando consolavo Maya, la mia bambina di otto anni che ha pianto tutta la notte perché la sua mamma il giorno dopo non l'avrebbe potuta ascoltare alla gara canora della scuola. Tara, la primogenita di 13 anni, si è recata al primo party scolastico senza l'incoraggiamento amorevole e il consiglio materno che solo Prabhi avrebbe potuto darle. La lettera che Tara scrisse a lei, signor Giudice, diceva così: "
mi manca il tempo che trascorrevamo insieme, mi manca il fatto che lei mi amava come nessun altro potrebbe mai, mi manca il suo aiuto nelle cose difficili. Il mio cuore soffre ogni giorno. Spero che tutto ciò passi. Il cuore di una ragazzina non dovrebbe soffrire ogni giorno. Una ragazzina non dovrebbe sentire ogni giorno la mancanza della mamma".
La giuria si è espressa in termini, per quanto riguarda l'applicabilità della pena di morte, che io rispetto pur non condividendo. La esorto, signor giudice, a condannare i quattro imputati riconosciuti colpevoli al massimo della pena attualmente consentito dai termini di legge, vale a dire l'ergastolo senza la possibilità di essere rilasciati con la condizionale. In questi giorni difficili, questa sentenza di condanna rappresenterà un chiaro monito a tutti i terroristi che in futuro intenderanno distruggere la vita di cittadini americani innocenti. Inoltre, la prego signor giudice, se possibile, di ordinare al Bureau of Prisons di detenere i quattro imputati secondo le condizioni più rigide consentite dalla legge e dal regolamento carcerario. La giustizia e la sicurezza del nostro Paese saranno garantire, se questi perfidi apostati trascorreranno il resto della loro vita in isolamento a riflettere sulla natura diabolica del loro operato. Facciamoli svegliare ogni mattina sapendo che l'umanità li considera
dei codardi infedeli, disprezzati da tutti e rispettati da nessuno. Lasciateli addormentare ogni notte sapendo che le loro atrocità sono servite solo a calunniare una religione nel cui nome essi hanno agito, ma i cui fedeli seguaci predicano un mondo di tolleranza. Con il passare del tempo, con i loro corpi e le loro menti che giacciono in prigione, lasciateli capire che gli uomini e le donne di buona volontà prevarranno sempre sulla depravazione morale e sul male rappresentati da Bin Laden e dai suoi seguaci paria. Infine, lasciateli morire coscienti del fatto che le loro anime saranno condannate per sempre.

Signor Owens: terzo testimone. Parte offesa.
Ringrazio la Corte per l'opportunità di esprimere la mia opinione sulla pena da imporre agli imputati condannati per gli attacchi terroristici alle Ambasciate americane di Nairobi e Dar es Salaam. Credo che il privilegio di rivolgersi alla Corte implichi il dovere di esporre accuratamente non solo le mie opinioni, ma per quanto possibile, quelle delle numerose vittime che non possono essere qui oggi.
Uno degli imputati di questo processo, Ali Mohamed, in una dichiarazione resa di fronte alla Corte il 20 ottobre 2000, ha descritto il background organizzativo della realizzazione di questi attentati. Il signor Mohamed aveva organizzato un incontro tra Bin Laden e il capo di Hezbollah, in cui era stato deciso che Hezbollah avrebbe fornito l'addestramento all'uso del materiale esplosivo. La scorsa estate, un testimone giurato, presso il Tribunale Distrettuale degli Stati Uniti del Distretto della Columbia, ha indicato che la maggior parte di questo tipo di addestramento veniva effettivamente svolto presso un campo situato in Iran, gestito dal Ministero iraniano per l'Informazione e la Sicurezza. Nella dichiarazione resa di fronte a questa corte il signor Mohamed ha testimoniato che l'Iran ha fornito gli esplosivi per gli attentati in questione. La scorsa settimana, l'FBI ha inserito il capo di Hezbollah nell'elenco dei ventidue principali terroristi ricercati dal Bureau. E' ampiamente noto che attualmente
è ospite del governo iraniano. Il rapporto annuale Pattern of Global Terrorism pubblicato dal Dipartimento di Stato, sei mesi fa, rileva ancora una volta che l'Iran "è il più attivo sponsor del terrorismo nel mondo". Quel rapporto, ed altri precedenti, evidenziano azioni terroristiche perpetrate su ordine dell'Iran o con il suo supporto prima degli attentati dell'11 settembre 2001, in cui più di 1500 americani hanno perso la vita. Considerati tali precedenti a carico dell'Iran, nonché le numerose altre vittime delle loro azioni criminali, due giorni fa siamo rimasti molto stupiti quando presso il Tribunale Distrettuale di Washington, il Dipartimento della Giustizia degli Stati Uniti è comparso a nome dell'Iran per chiedere l'annullamento di una sentenza emessa nei confronti dello stesso, in merito all'episodio dei 52 cittadini americani tenuti prigionieri dall'Iran. Dobbiamo solamente spostarci a pochi isolati da questo tribunale, per capire che la condanna di questi individui senza un'azione contro i governi che li appoggiano, non ha impedito il compimento di nuovi atti terroristici. Al contrario, rappresenta un invito.
Nonostante ciò, io invito questa Corte a imporre il massimo della pena ad ognuno di questi imputati. Faccio questa richiesta per due ragioni. La prima è che ritengo che prima o poi il nostro Paese dovrà confrontarsi con il radicalismo religioso come minaccia reale ai principi della tolleranza religiosa e alla risoluzione pacifica dei conflitti, che devono essere condivisi da tutti i Paesi per arrivare ad un mondo di pace. Quando arriverà quel tempo, le condanne imposte dalla Corte in questo processo potrebbero essere lo strumento che produrrà testimonianza degli stessi imputati, che divulgheranno pubblicamente nei dettagli la verità su queste azioni terroristiche. La seconda ragione riguarda il mio rapporto personale con il popolo della Tanzania. Per molti anni ho parlato di questo popolo meraviglioso e del suo stile di vita. Ho notato che nessun cittadino americano è morto nell'attentato di Dar es Salaam, probabilmente perché i cittadini tanzaniani addetti alla sicurezza dell'Ambasciata hanno dato prova di grande coraggio bloccando il camion bomba e impedendone l'ingresso nella zona adiacente all'edificio dell'Ambasciata. Non è esagerato dire che oggi sono qui per parlare del loro coraggio. Non sono un avvocato, ma mi è stato detto che questa Corte non ha giurisdizione sull'omicidio di quegli uomini perché non sono cittadini americani. Tuttavia, vorrei che la Corte, nell'emettere la sentenza, tenesse conto delle circostanze riguardanti il reato. Per questo chiedo di tenere presente il fatto che a Dar es Salaam sono stati attaccati non solo l'America e gli americani, ma anche la Tanzania e il suo popolo hanno subito perdite gravissime. Credo che tutto il male che hanno subito sia sufficiente a chiedere a questa corte di imporre la pena massima ad ogni imputato. Un atto del genere da parte della corte dimostrerebbe al mondo intero la nostra preoccupazione non solo per le nostre vittime, ma per tutte le vittime del terrorismo internazionale.

Signor Pressley: quarto testimone. Parte offesa.
Grazie, signor giudice. Sono stato ferito nell'attentato di Nairobi. Se paragonate ad una morte, le mie ferite sono solo piccole cose, ma questi tre anni sono stati un inferno. Ho subito sette interventi alla spalla. Mi è stata applicata una placca metallica, che in seguito mi è stata sostituita. Ho una grave infezione che mi costringe ad assumere quotidianamente antibiotici. Prendo antidolorifici. Ho perso ventotto denti. Ho subito quattro interventi alla mascella, alla lingua e al collo. Per alcuni anni, ho avuto incubi tremendi. Anche mia moglie lavorava in Ambasciata, era incinta, grazie a Dio è rimasta illesa. E' uscita dall'Ambasciata e mi ha visto in quelle condizioni incredibili. Questi tre anni per noi non sono stati altro che un lungo incubo.
Questa gente merita di essere messa da parte per sempre. Non hanno bisogno di vedere un'alba o un tramonto. Non gli dovrebbe essere mai più consentito di toccare un altro essere umano. Non dovrebbero essere più in grado di stare con le loro mogli, i loro parenti, i loro amici. Devono capire ciò che hanno fatto. Probabilmente non lo capiranno mai. A mio avviso, se tornassero in libertà, cercherebbero ancora di fare del male a degli innocenti.
La nostra cultura si basa sulle leggi. Talvolta non sono sicuro che le leggi siano sempre corrette. E' per questo che abbiamo i tribunali, è per questo che abbiamo un sistema da rispettare. Questo è sbagliato. Molti miei amici in Kenya, come molti miei colleghi americani, non hanno un credo politico, non seguono una religione che odia l'Islam. Non odiamo nessuno. Viviamo nella società di tutti i giorni, cercando di tirare avanti, di stare con le nostre famiglie, di essere amati e dare amore agli altri. In questi tre anni, non ne abbiamo avuto l'opportunità. Un ospedale dopo l'altro, un medico dopo l'altro. Altre quattro ore di medicazione, un altro dottore, un altro intervento, un altro incubo, un altro 11 settembre. Non siamo stati in grado di affrontare tutto questo. Durante il giorno sorridiamo, ci mettiamo una maschera, quando torniamo a casa piangiamo. Non è così che dovrebbe andare. Questa gente uccide senza una motivazione. Questa gente deve essere messa in carcere per sempre. Chiedo alla Corte di tenere presente tutto questo. Mi dispiace per coloro che sono morti, nella mia stessa stanza due persone sono rimaste uccise. Signor Giudice, non sono stati uccisi, ma sono stati fatti a pezzi. Anch'io, ma grazie a Dio sono riuscito ad alzarmi e ad uscire. Sette pinte di sangue. Il primo anno ero preoccupatissimo di contrarre altre malattie dalle trasfusioni. Il mio ufficio mi dice che devo continuare a vivere. Non è facile. Non si continua a vivere dopo che ti è successo un fatto come questo. E' dentro di noi e noi cerchiamo un aiuto, ma è ancora qui, e resterà qui per sempre. Ho sei figli, cerco di fare del mio meglio per loro, dico loro che sto bene. Ma, in effetti, non è così. Mia moglie non sta bene. Non è giusto. Quello che chiediamo a lei, signor Giudice, e al sistema giudiziario, è solo giustizia. Sappiamo che lei non può cancellare questi eventi. Sappiamo che se lo potesse fare, lo farebbe. Queste persone devono essere punite. Come ha detto il mio collega, la pena più giusta sarebbe la condanna a morte, tuttavia, per non so quale ragione, i cittadini di New York hanno deciso altrimenti. Va bene. Lasciamoli in galera per il resto dei loro giorni, alle condizioni più dure possibili. Lo meritano. Chiedo alla Corte di capire tutto il dolore, la sofferenza che abbiamo vissuto e continueremo a vivere. I recenti fatti hanno riaperto le ferite. Sono più profonde. Ogni volta che entro in una sala operatoria o da un dottore, penso a quello che questa gente a fatto a me, alla mia famiglia, a mio padre, a mia madre e a tutti i parenti.
Non ho portato un discorso scritto. Sono ferito, questa gente ci ha ferito e non è giusto. Chiedo alla Corte, per favore metteteli in galera per sempre. Grazie.

La Corte: Grazie, signor Pressley.

Signora Dalizu: Quinto testimone. Parte offesa.
Buongiorno Giudice Sand, grazie per avermi dato l'opportunità di parlare. Sono la minore dei quattro figli di Jean Rose Dalizu. C'è sempre un legame speciale tra una madre e la sua piccola. Bello, vibrante, paziente, amorevole, gentile, dolce, leale, indulgente e così via. Ma come si può descrivere tanta parte della nostra vita? Quali parole possono definire cosa significava mia madre per me? Come posso descrivere questa sensazione?
Si ricorda di sua madre mentre cresceva? Io, sì. Per diciassette anni prima del college, è stata la voce brillante e calda che mi ha svegliato ogni mattina. "Buon giorno, signorina. E' ora di alzarsi. Alzati e sorridi". Io brontolavo, mi lamentavo sempre e giravo la testa dall'altra parte. Poi con mio grande orrore, con un clic si accendeva la luce. Nulla poteva essere meglio di mia madre a quell'ora impossibile. Dopo una giornata di gare di nuoto mi preparava sempre una cioccolata calda, dolci, frullati e regalini in quantità. Recideva i miei fiori preferiti. Erano tutte espressioni del suo amore. Quando chiedevo un giocattolo inutile, mi ripeteva il mio ritornello monotono: "per favore mamma, per favore, per favore". Ma non era tutto eccezionale. Non dovete essere tratti in inganno. Mi ricordo anche del calore dei colpi sulla gambe quando mi scoppiava la ribellione. Indossavo i suoi vestiti e mi truccavo, per comportarmi male, generalmente era il suo profumo che mi tradiva.
Ricordo la sua presenza gentile e le sue mani delicate sulla testa, quando mi ammalavo c'erano medicine e teneri baci. Adesso lei se n'è andata per sempre, è uscita definitivamente dalla mia vita.
Sua madre la ispira, la guida? Mia madre, sì. Non mi ha mai detto quello che dovevo fare, ma con il suo esempio di vita mi ha insegnato come dovevo fare. Ogni interesse reale che manifestavo, lei lo assecondava. Non mi ha mai spinto, ma ha sempre favorito i miei hobbies. Poi il sogno della zoologia è diventato una realtà con laurea in biologia marina, che unita ad un aspetto di assistenza ed immedesimazione mi ha portato a lavorare per il FEMA, dove sono attualmente impiegata.
Dopo il pensionamento di mio padre, è diventata il sostegno economico della famiglia. Pensava di andare in pensione a sessantadue anni. Dopo aver costruito una casa per vivere e pagato il mio dottorato di ricerca in Inghilterra, dove dura tre anni invece di cinque. Ma in quel fatidico giorno del 1998, all'età di sessant'anni, è stata uccisa senza portare a termine nessuno di questi progetti.
Il progetto del mio dottorato di ricerca è fermo, la vita di mio padre è vuota e piatta, perché abbiamo perso entrambi metà della nostra anima. Egli non solo deve imparare a vivere, ma è anche costretto a tornare a lavorare. Adesso che mia madre mi ha lasciato, a chi chiederò aiuto. Se ci fossero stati dei problemi, avrei alzato il telefono e le avrei fatto una chiamata internazionale. Il solo sentire la sua voce, avrebbe già calmato la tempesta nella mia anima. Io mi liberavo il cuore e lei pazientemente mi ascoltava. Quindi, come solo una madre può fare, mi elargiva la sua saggezza, dicendomi se il torto era il mio o della mia amica. Poi avrebbe citato le scritture e pregato con me, e io avrei riattaccato il telefono, piena di pace. Adesso è stata strappata via dalla mia vita.
Da quando avevo cinque anni, sedevo ai suoi piedi nel nostro santuario, la cucina, dove ho ascoltato quasi tutto ma, ancora più importante, dove ho appreso tutta la sua saggezza. Dove tra una risata e l'altra, ho avuto molte lezioni di cucina. Chi può comprendere il legame madre-figlia? Adesso me l'hanno strappata via. Sono una figlia sola. Chi mi vestirà e ballerà per me il giorno delle mie nozze? Chi mi assisterà nella gravidanza, quando avrò il mio primo figlio? Non sono questi i compiti di una madre?
Era una donna virtuosa, come lo sarò anch'io, come lei mi diceva quando era in vita e come mi ha insegnato ad essere. Mamma, mi manchi più di quanto nessuno potrà mai sapere, o di quanto tutte le parole e i discorsi potranno mai esprimere. Quando ti hanno portato via sono finita in uno spazio vuoto, ma ora lo Spirito Santo ha riempito quello spazio. Mi hai insegnato a vivere e ad amare, e che si può andare avanti soprattutto con la fede in Dio. Io confido in Dio e ogni giorno faccio un passo avanti, non c'è ricordo più grande di mia madre di qualcosa che mi fa sentire me stessa.
Sono solo una dei quattro figli di mia madre. Questo non esclude la perdita che mio padre ha subito economicamente, sentimentalmente e fisicamente. Come pure tutti i suoi amici e il resto della sua famiglia. Era solo una delle 214 vittime di quel giorno, Signor Giudice, chiedo solo che per noi giustizia sia fatta. Grazie.

La Corte: Grazie.

(...)

Imputato Odeh: In nome di Dio, grande e misericordioso. In verità, nel corso degli ultimi tre anni ho vissuto molte esperienze delle quali potrei parlarvi per ore. L'opportunità che mi viene concessa è solo per un breve momento. E' sufficiente dire due cose. Si tratta di una domanda che pongo al Governo degli Stati Uniti. Come può il Governo chiedere giustizia se si permette di processare una persona due volte per gli stessi capi d'imputazione? La mia opinione personale è che il processo è stato celebrato, il verdetto e l'esecuzione della sentenza sono state fatte un mese fa, vale a dire dalla fine dell'agosto 1998, quando il Governo USA ha lanciato missili contro coloro che avevano un legame con l'incidente all'Ambasciata ma che in realtà non avevano alcuna relazione con esso. Decine di civili innocenti, che non hanno nessuno che li rappresenta qui in questo momento. La mia domanda è se questo è l'oggetto del processo, se questo è un processo, cos'era quello che si è svolto dall'inizio fino alla metà dell'anno? E se quello che si è svolto dall'inizio dell'anno fino alla metà è il processo, come può essere definito quello svoltosi nel 1998?
La seconda questione è se quanto si è svolto nel periodo di tempo tra febbraio e maggio è l'immagine reale della giustizia americana. In tal caso non ho altro da dire se non che apparteniamo ad Allah e ad Allah ritorneremo. Allah mi aiuterà nella disgrazia e mi darà fortuna. A lui mi affido e in lui io credo. Grazie.

La Corte: Signor Odeh, le confesso di non essere certo di aver compreso quanto ha detto fino ad ora in merito alla giustizia americana. Il suo avvocato ha espresso la sua gratitudine per aver avuto una buona difesa, che con molto zelo ha tutelato i suoi interessi. Ho già presentato la giuria e ho detto come è stata selezionata, il tempo, l'impegno e i costi economici profusi nel tentativo di darle, a mio avviso, un processo equo conforme ai principi della giustizia americana.
Non è inusuale per i perpetratori di crimini orrendi di guardare ad altri eventi o ad altre circostanze per distogliere l'attenzione dalla gravità dei loro atti. Da come parla dell'America che ha lanciato missili contro persone presumibilmente coinvolte nell'attentato e che a suo avviso erano innocenti, si suppone che il suo sistema di valori non accetta o perdona l'uccisione di vittime innocenti. Riconosco, come credo indicato dalla giuria nelle sue conclusioni relative agli imputati che potrebbero essere condannati alla pena capitale, che la vostra motivazione non è quella di un criminale che agisce spinto da avidità o bramosia. Tuttavia, questo è vero per quanto riguarda la maggior parte dei terroristi. Inoltre la legge giustamente riconosce il terrorismo, causa della morte di vittime innocenti, indipendentemente dalla sua matrice, idee o motivazioni, come uno dei reati più gravi, una minaccia alla nostra società, alla società di qualsiasi paese civile.
Questa Corte la condanna all'ergastolo sulla base dei capi d'imputazione 1, 3, 4, 5, 7, da 11 a 223, da 235 a 275, 276, da 280 a 282, seguito da un periodo di detenzione di 10 anni sulla base del capo d'imputazione 284, e da 30 anni di detenzione sulla base del capo di imputazione 285, da scontarsi consecutivamente l'un l'altro dopo l'ergastolo. La Corte stabilisce il pagamento obbligatorio delle spese di 26.600 dollari. Le impone di pagare un risarcimento, tenendo conto della sua attuale situazione economica determinata in base alle informazioni in nostro possesso, nonché del fatto che verrà detenuto in un penitenziario. La Corte non impone alcuna multa, tenuto conto della somma prevista dal risarcimento. La Corte la proscioglie da tutti gli altri capi di imputazione per i quali è stato imputato e da qualsiasi altro atto formale di accusa. La Corte la informa che ha il diritto di appellarsi contro la sua condanna. Qualora intendesse procedere, l'addetto del Tribunale si occuperà di farlo a suo nome. Ci sono altre cose che riguardano il Signor Odeh?

Avvocato Ricco (difensore del Signor Odeh): No. Presenterò l'appello a suo nome. Grazie.

(...)

Imputato El Hage: Buonasera, Giudice Sands. Buonasera, Signore e Signori. Ho preparato qualcosa che vorrei leggervi.

La Corte: Le consiglio di utilizzare il microfono.

Imputato El Hage: Grazie per avermi dato l'opportunità di farlo. Per prima cosa, intendo parlare del mio credo, perché il credo di una persona costituisce la sua identità e il suo carattere.
Prendiamo questa aula di Tribunale con le sue mura, i dispositivi, gli arredi, i sistemi audiovisivi, ecc., se ci chiedessimo chi l'ha costruita e ne ha curato la manutenzione in questi anni qualcuno che potrebbe trovarsi qui potrebbe rispondere che nessuno lo ha fatto, nessuno ne ha avuto cura. Probabilmente penseremmo che questa persona sta scherzando o è pazza. Noi siamo certi che qualcuno lo ha fatto e continua a farlo ogni giorno.
Quando guardiamo a questo vasto universo, con i suoi milioni di stelle, le piante, gli altri sistemi, la terra con gli oceani, le montagne, i minerali, le creature di ogni genere, ognuna con le sue caratteristiche, i suoi compiti e i suoi spazi vitali. Ed infine, quando guardiamo a noi stessi, organi, sangue, emozioni, la nostra vita e la nostra morte, tutto questo avrebbe potuto esistere da solo e continuare ad esistere ed andare avanti senza una guida, un controllore o un manutentore?
Non ci sono dubbi che esiste un creatore di tutto l'universo, che sostiene e controlla tutto, che sa quello di cui ha bisogno ogni singola creatura per vivere ed esistere. Tutto si svolge secondo la volontà di Dio e del suo sistema, e non c'è altra scelta se non quella di seguire riluttanti questo sistema, eccezion fatta per l'uomo, al quale Dio ha dato la facoltà di scegliere le proprie azioni. Questo è stato un grande onore dato al genere umano. Dio, il più misericordioso, il più saggio, ha inviato i suoi profeti e messaggeri per insegnare agli uomini chi è il loro creatore, come trattare e comportarsi con tutto quello che hanno intorno secondo i metodi e i modi migliori che, se verranno seguiti dall'uomo gli consentiranno di vivere una vita buona e in armonia con quello che gli sta intorno, che è tutto governato da Dio.
Nell'arco della storia gli uomini si sono divisi in due gruppi. Uno ha scelto di vivere seguendo le regole e la guida di Dio, per questo ha vissuto una buona vita in armonia con quello che gli sta intorno. L'altra parte ha scelto di inventarsi sue proprie regole e sistemi di vita, vivendo così in conflitto con quello che gli sta intorno, provando la violenza, le crisi familiari, i figli non desiderati, la violenza nei confronti delle donne e dei bambini, il suicidio, la malattia mentale e quant'altro.
Tutti questo esisteva solo in misura trascurabile nel primo gruppo di uomini, perché seguivano i principi del creatore. Sì, gli uomini si sono dati delle leggi proprie, ma le hanno cambiate, annullate o alterate allora e adesso.
In questa fase gli uomini sono stati sottoposti a regole ingiuste, i diritti sono stati violati e le persone sono state oppresse. La corruzione e il danno non hanno contaminato solo le creature intorno a noi, ma anche l'ambiente, l'aria e gli oceani. Tutto questo perché gli uomini vogliono darsi delle regole loro, nonostante le loro debolezze, i limiti, la scarsa capacità di vedere, sentire, parlare, giudicare e prendere decisioni.
Gli uomini hanno anche desideri, tendenze e capricci. Tutti questi limiti ostacolano la capacità dell'uomo di costituire un sistema equo e completo. Invece, seguendo le regole e la guida di Dio, il creatore, che sa ciò che ha fatto, che sa ciò che è bene e ciò che è male per le sue creature, colui che possiede capacità illimitate, saggezza, pietà, potere e sapienza, non ci saranno dolore e ingiustizia per le sue creature.
Dove troviamo le regole e la guida del nostro creatore?
Se mettiamo da parte il nostro autoinganno, l'arroganza, le tradizioni, l'ego e il pregiudizio, credo che riconosceremo che l'Islam è il messaggio definitivo che Dio ha inviato agli uomini, dotato di un sistema di regole completo per una vita prosperosa e felice sulla Terra e un miglior avvenire nell'aldilà.
Adesso, nonostante il sistema di vita islamico sia il migliore per tutta l'umanità, i musulmani devoti, non chiedono che venga applicato negli Stati Uniti, dove i musulmani sono meno di sette milioni, una minoranza. Il fatto è che intendono applicarla nei paesi musulmani, dove la maggioranza è musulmana. In quei Paesi, re, presidenti e governanti egoisti, illusi e arroganti, intendono applicare le loro regole solo per servire i loro interessi personali, negando alla popolazione il diritto di scegliere il sistema che vuole.
Io credo che i musulmani devoti non stiano chiedendo di provare le leggi coraniche per vedere se si adattano a questa società o meno. Queste regole, come ho letto nella storia, sono state create ed applicate dal tempo del profeta Maometto, sia la pace con lui, e per oltre tredici secoli, un governo riuscito, quasi la metà del mondo conosciuto allora, in cui lo Stato islamico era il più forte e il più prospero. Per tredici secoli, il Corano è stata la costituzione del nostro creatore.
Per essere più breve, dal ventesimo secolo, i governanti hanno iniziato a trascurare la legge coranica, sostituendola con le leggi fatte dall'uomo. Il risultato è quello che vediamo oggi. I Paesi musulmani sono i più poveri, deboli e miserabili. Questo è il motivo, a mio avviso, ci sono musulmani devoti e impegnati, individui e gruppi, che lavorano attivamente per ripristinare la legge e la guida di Dio. Per molti anni hanno tentato di avvisare i loro governanti, chiedendo loro di applicare la legge di Dio in modo pacifico, ma quei governanti rispondevano usando la violenza e la crudeltà perché intendevano proteggere le loro cariche, mentre la nazione intera versa nella miseria.
Recentemente, alcuni di questi individui e gruppi hanno deciso di entrare in conflitto con quei governanti. Altri hanno deciso di trasferirsi in altri Paesi, come gli Stati Uniti, dove possono diffondere liberamente il messaggio dell'Islam e, nel contempo, aiutare i fratelli e le sorelle che proseguono il loro impegno per l'applicazione della legge di Dio nei Paesi islamici.
Tutto ciò è stato fatto riconoscendo, in quanto musulmani devoti, che anche in tempo di guerra, non si devono superare certi limiti, uccidere persone innocenti e disarmate. Questo è fortemente raccomandato dal Corano e dagli insegnamenti di Maometto, sia la pace con lui, che vietano anche di distruggere, in tempo di guerra, raccolti, bestiame o proprietà. Vorrei sottolineare, come ho già fatto, che i musulmani impegnati seguono le regole di Dio, non di individui o gruppi. Coloro che hanno scelto di venire negli Stati Uniti sono stati in grado di vivere e seguire liberamente gli insegnamenti della loro religione, diffondendoli liberamente, fino a quando l'Islam non è diventata la religione con la maggiore crescita negli Stati Uniti, come lo è peraltro nel mondo, sia lode a Dio in primo luogo e a questa società aperta e tollerante.
Io ero uno di quelli, sono venuto qui per frequentare l'università. Ho apprezzato molto il sistema di insegnamento, mi sono laureato, sposato, ed ho ottenuto la cittadinanza.
Durante questo periodo ho partecipato ad attività islamiche organizzate per diffondere gli insegnamenti del nostro creatore, e per sostenere i fratelli e le sorelle nei Paesi islamici, impegnati ad applicare le regole di Dio.
Anch'io ho fatto tutto liberamente senza alcun ostacolo da parte del governo americano. Inoltre, in varie occasioni ho avuto modo di criticare la politica estera del nostro governo nei confronti dei Paesi islamici. Durante questo periodo, ho sempre avuto la fedina pulita. I musulmani devoti in Afghanistan, come in molti altri Paesi islamici, erano in lotta con il governo laico, fino a quando non lo hanno quasi rovesciato. A quel punto, i russi hanno invaso l'Afghanistan per impedire la costituzione di un governo islamico. Io sono andato in Afghanistan, come migliaia di musulmani di tutto il mondo, per aiutare i nostri fratelli e le sorelle a respingere l'invasore russo, cosa che peraltro rientrava nella linea politica del mio Paese adottivo. I miei compiti sono stati principalmente di carattere umanitario e assistenziale, considerato il mio difetto fisico. Alla fine, i russi sono stati respinti. Tuttavia, per varie ragioni i leaders afghani non hanno governato secondo la legge islamica. Il risultato sono stati più di quattro anni di guerra civile e miseria. Finalmente, gli studenti afghani determinati ad arginare il deteriorarsi della situazione ed appoggiati dalla maggioranza della popolazione hanno cercato di costituire un governo islamico. I risultati sono stati pace, sicurezza e prosperità in gran parte dell'Afghanistan. Ho citato l'esperienza dell'Afghanistan come esempio per quella che, a mio avviso, è l'esigenza della maggioranza dei musulmani del mondo, ovvero essere governati dalla costituzione del nostro creatore.
Dopo aver vissuto più di vent'anni in questo Paese, credo che la legge di Dio, qualora adottata, risolverebbe molti dei problemi che stanno minando la società americana. Dio ha creato le basi, i fondamenti, egli sa cosa è meglio per tutte le sue creature. E' tutto nel Corano. Studialo, conosci il tuo creatore e segui la sua guida. Questa è la strada per una vita migliore sulla terra e nell'aldilà. Nell'Islam, come ho studiato e come credo, il fine non giustifica i mezzi. Devono essere entrambi legali e conformi alla legge e agli insegnamenti di Dio. Quando sono avvenuti gli attentati in Africa nel 1998, la mia opinione era che si trattava di azioni estreme non conformi a quanto avevo appreso e a quello in cui credevo. Ho espresso la mia opinione chiaramente prima di essere arrestato e incriminato. Oggi, la mia opinione è la medesima nei confronti di quanto è accaduto in Africa e di quanto è successo qui il mese scorso. L'uccisione di civili innocenti è un gesto radicale ed estremo, e non può essere tollerato da nessuna religione, principio, credo o valore. Oggi, posso essere qui ad affermare che non ho partecipato o supportato alcuna azione estrema o qualsiasi altro atto che viola il mio credo di musulmano devoto. Tuttavia, per piacere vi prego di comprendere che il mio credo rappresenta anche la mia opinione, secondo cui gran parte delle politiche americane nei confronti dei Paesi musulmani sono sbagliate, come l'embargo contro il popolo iracheno che ha causato la morte di più di un milione di bambini e di migliaia di innocenti. Inoltre, l'appoggio incondizionato offerto dal governo americano al governo israeliano, che uccide palestinesi innocenti, si appropria della loro terra, li espelle e distrugge le loro case.
Probabilmente il mondo laico non capisce l'impatto, il significato della presenza di truppe non-musulmane nel Paese dei luoghi sacri. E' un impatto negativo sulle masse musulmane nel mondo, in particolare su quelle della Penisola Arabica. A mio avviso, queste politiche sono sbagliate e fomentano estremismi ingiustificati.
Queste mie opinioni le ho espresse pubblicamente, non in segreto, anche nei miei colloqui con gli agenti governativi e il Grand Jury. Anche numerosi musulmani e non-musulmani hanno espresso la stessa opinione. Anche la comunità musulmana di cui faccio parte, è libera di manifestare le sue critiche alla politica americana, senza commettere o appoggiare alcun atto estremistico. Mi accingo ad esporre l'ultima parte del mio discorso.
Il 16 settembre 1998, sono stato arrestato dopo una testimonianza di fronte al Grand Jury. Come cittadino incensurato, con legami familiari, buone relazioni sociali, avrei dovuto essere rilasciato su cauzione in modo da poter preparare la mia difesa contro queste accuse tremende nella tranquillità della mia casa, con l'ausilio della mia famiglia, degli amici e dei membri della mia comunità, come prevede la legge.
Nonostante per la legge fossi innocente, fin dal primo giorno sono stato trattato come qualsiasi altro condannato riconosciuto colpevole di omicidio, rapina, traffico di droga o molestie ai bambini, ed anche peggio. Sono stato sottoposto alle stesse condizioni alle quali sono sottoposti i detenuti colpevoli che infrangono le regole all'interno del penitenziario. Questo tipo di trattamento è durato per ventotto mesi prima del processo. In questo periodo, sottoposto a quelle condizioni disumane e crudeli, avrei dovuto preparare la mia difesa, lontano da casa, dalla famiglia e dalla mia comunità.
Quando un innocente viene trattato peggio di un criminale dichiarato per un periodo di tempo così lungo, come vi aspettate che siano le sue condizioni fisiche, mentali ed emotive? Come vi aspettate che sia la sua preparazione al processo? Come vi aspettate che sia all'inizio del processo?
Sì, la legge garantisce la presunzione d'innocenza, ma si è trattati peggio di criminali dichiarati. E' esattamente così che sono stato trattato dal momento del mio arresto.
I miei avvocati si sono impegnati a lungo per farmi ottenere la libertà su cauzione, affinché potessi vivere in condizioni normali come previsto dalla legge. In base alla loro vasta esperienza, sapevano che per questo tipo di casi, che durano più di dieci anni e rivestono carattere internazionale, essi avrebbero avuto bisogno di tutto l'aiuto possibile da parte del cliente. Nel corso di questi ventotto mesi, qualche volta sono stato in grado di aiutarli, altre mi è stato molto difficile. Non è giusto, spero che non capiti a nessun altro. Non è giusto chiedere a qualcuno di preparare la propria difesa contro accuse così tremende stando lontano dalla propria famiglia, vivendo per ventotto mesi e altri cinque di processo in condizioni in cui non aveva mai vissuto.
Il governo ha respinto la mia richiesta di libertà su cauzione, dichiarando che avrei rappresentato un pericolo per la comunità. Le prove di ciò sarebbero state fornite durante il processo. La mia fedina negli Stati Uniti fin dal 1978 dimostra il contrario, e durante il processo non è stata presentata alcuna prova che dimostrasse la mia pericolosità per la comunità.
La giuria mi ha riconosciuto colpevole di tutte le accuse sulla base di quanto essi hanno visto ed ascoltato in aula, tuttavia ciò non cambia il fatto che sono innocente e che non mi è stata offerta una giusta opportunità di difendermi.
Oggi, mentre sono qui di fronte a voi, non sono la stessa persona che è stata arrestata tre anni fa. Nessuno sarebbe lo stesso dopo tre anni di trattamenti ingiusti. Tuttavia, sono ancora lo stesso musulmano fedele che segue la legge del Creatore, che crede e ascolta sempre. Sono sempre la persona che evita soluzioni e atti radicali, sono sempre l'amorevole figlio dei miei genitori, il marito e il padre dei miei figli, che cerca di tenere insieme la famiglia tra lettere e telefonate.
Infine, vorrei ringraziare la mia famiglia, che mi ha sostenuto durante questi tre anni e che continua a farlo ancora oggi, i miei avvocati, che sono stati sinceri ed attivi nella loro opera nonostante le restrizioni inusuali imposte dal sistema che si sono trovati ad affrontare, tutti i miei amici, fratelli e sorelle della società islamica ed in tutti gli Stati Uniti che hanno aiutato e continuano ad aiutare me e la mia famiglia. Vorrei ringraziare l'unico testimone che, nonostante le pressioni degli agenti governativi, esercitate anche nei confronti degli altri potenziali testimoni, ha testimoniato a mio favore. Vorrei ringraziare la Corte per avermi dato l'opportunità di prendere la parola. Per tutti coloro che mi hanno condotto davanti al Grand Jury in condizioni rigide e inusuali, per coloro che hanno mentito sul banco dei testimoni, per tutti questi io dico che Dio gli dimostrerà che hanno sbagliato. Un'ultima cosa. Non c'è nulla di sbagliato per cui io debba chiedere scusa, spero che un giorno la verità venga fuori. Se non in questa vita, nel giorno del giudizio davanti al vero tribunale, dove il giudice è Dio che sa ciò che ognuno cela nel suo cuore. Dopo la morte torneremo tutti a Dio, lasciateci cercare i suoi insegnamenti e la sua guida.

La Corte: Il Pubblico Ministero ha qualcosa da dire?

Signor Fitzgerald: Sì, Signor Giudice. In questa Corte solitamente nella maggior parte dei casi il Pubblico Ministero non prende la parola al momento della sentenza, ed io non intendo farlo. Io penso che tante volte noi consentiamo alla gente, non considerando ciò che hanno fatto, di fingere di amare il loro paese, il loro Dio, di fingere di essere devoti alla propria famiglia ed andare avanti tranquillamente. Ma in questo caso è diverso, perché in questo caso il reato, l'orrore di ciò che il Signor El Hage e i suoi compagni hanno fatto va al di là dell'immaginazione come il modo in cui il signor El Hage ha tramato, fingendo di essere un cittadino americano rispettoso della legge.
Oggi, egli ha parlato di scelte, ed io vorrei ricordare proprio una cosa a questo proposito, il Signor El hage ha fatto molte scelte. Ha scelto di lavorare per Al Qaeda, ha scelto di lavorare in un gruppo terroristico, ha scelto di mentire al proprio governo. Nel settembre 1997, prima che egli fosse chiamato per la prima volta di fronte al Grand Jury, fu condotto negli uffici del governo con me ed un altro agente. In quell'occasione gli fu detto che il governo sapeva che lavorava per Osama Bin Laden e conosceva i suoi segreti, che Osama avrebbe ucciso gli americani, avrebbe ucciso uomini, donne e bambini, e toccava a lui in quanto americano, padre e musulmano, cercare di fermarlo. Gli fu detto che se non avesse collaborato, avrebbe potuto dover affrontare il carcere. Sarebbe stato separato dalla famiglia con cui adesso dice che vorrebbe essere, ma ha scelto il terrore e l'odio per la sua famiglia. Ha scelto di mentire. Ha mentito molte volte. Ha mentito quel giorno. Ha mentito di fronte al Grand Jury. Ha mentito anche sotto giuramento dopo gli attentati dell'agosto '98.
Oggi, abbiamo sentito dai suoi avvocati che egli è onesto, retto, religioso e devoto. Lo abbiamo appena sentito dire che è un musulmano devoto. Vorrei far notare che nonostante ami la sua famiglia, in più occasioni, ha scelto per loro il terrore e l'odio. Ha avuto una chance, ha scelto di andare con coloro che avrebbero ucciso piuttosto che con chi avrebbe aiutato lui, la sua famiglia e il suo paese. Ha dichiarato di essere cittadino americano ma non è un cittadino americano. Ha dichiarato di essere religioso, ma non è un vero musulmano. Li ha visti i veri americani, i veri musulmani, i veri padri di famiglia? Li ha visti al processo sul banco dei testimoni, li ha visti testimoniare qui oggi, e, francamente, queste sono quelle persone che lui ha aiutato ad uccidere. E' venuto qui oggi in tribunale nello stesso modo in cui è venuto al Grand Jury e al processo, senza rimorso, senza vergogna, senza coscienza. Il mondo ha visto dalle prove presentate in questa aula, da quello che ha visto la giuria, che ha tradito il suo paese, la sua religione, ha tradito l'umanità con il comportamento tenuto per anni. Dovrebbe uscire da questa aula, dovrebbe andare in una cella che praticamente si è costruito da solo, e riconoscere che il mondo sa esattamente cosa ha fatto.

La Corte: Grazie Signor Fitzgerald.
Signor El Hage, non dirò nulla in merito al suo continuo dichiararsi innocente, perché c'è stato un processo durato cinque mesi e la giuria, dopo accurate riflessioni, la cui natura è stata già descritta, sulla base di prove, l'ha ritenuta unanimemente colpevole al di là di ogni ragionevole dubbio.
La Corte impone una condanna all'ergastolo sulla base dei capi d'imputazione 1 e 3; venti anni di carcere sulla base del capo d'imputazione 5, in concomitanza con i capi d'imputazione 1 e 3; cinque anni di carcere per ognuno dei seguenti capi d'imputazione 20, dal 287 al 289 e dal 291 al 305, da scontarsi in concomitanza con i capi d'imputazione 1, 3 e 5. Nonostante la condanna all'ergastolo, la Corte impone cinque anni di libertà condizionata in base ai capi d'imputazione 1 e 3, tre anni per i capi d'imputazione 5, da 287 a 289, e da 291 a 305. I termini della libertà condizionata devono essere scontati in concomitanza.
La Corte stabilisce il pagamento obbligatorio della somma di $ 2.100, le impone di pagare un risarcimento, il cui ammontare è stato discusso sia ieri che oggi. La Corte non impone alcuna multa, tenuto conto del risarcimento. La Corte la informa che ha diritto di appellarsi contro la sua condanna. Qualora intendesse procedere, l'addetto del Tribunale si occuperà di farlo a suo nome. La Corte la proscioglie da tutti gli altri capi d'imputazione per i quali è stato imputato e da qualsiasi altro atto formale di accusa.
Ci sono altre cose che riguardano il signor El Hage?

Signor Karas: No, signor Giudice.

Signor Schmidt (difensore signor El Hage): No, signor Giudice.

La Corte si aggiorna.



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